TERAPIA BREVE STRATEGICA

 
Dott.ssa Chiara Ratto, Psicologa Psicoterapeuta Breve Strategica
 

Nella vita di ogni essere umano, spesso e purtroppo, avvengono momenti spiacevoli che generano un senso di malessere, profonda inquietudine e sofferenza e che, a volte, sembrano trasformarsi in problemi irrisolvibili. In tali circostanze, si vorrebbe avere un supporto di tipo psicologico, ma è diffusa e radicata la convinzione che problemi e disagi che persistono da molto tempo, quali ad esempio, depressione, fobie, panico, ossessioni, richiedano obbligatoriamente un trattamento terapeutico altrettanto lungo e sofferto.

La Terapia Breve Strategica di Giorgio Nardone si differenzia da altri modelli terapeutici perché rappresenta un intervento breve e mirato, un modo nuovo di affrontare e risolvere le problematiche di tipo psicologico, che utilizza tecniche e tattiche che presentano il massimo di efficacia ed efficienza.

Oltre ad essere validato attraverso la ricerca empirica (Nardone, 2015; Pietrabissa, Gibson, 2015; Nardone, Salvini, 2014; Castelnuovo et al. 2011; Watzlawick, 2007), il modello formulato da Paul Watzlawick ed evoluto da Giorgio Nardone (Brief strategic therapy, Giorgio Nardone Model) ha ottenuto la registrazione come originale invenzione presso l’Organizzazione Mondiale per la Proprietà Intellettuale (WIPO) ed è marchio brevettato.

LE ORIGINI DELLA TERAPIA BREVE STRATEGICA

Il costrutto operativo centrale, in Terapia Breve Strategica, è quello di “tentata soluzione che alimenta il problema” formulato dal gruppo di ricercatori del MRI di Palo Alto (1974) ed evolutosi in seguito in quello di sistema percettivo-reattivo da Giorgio Nardone, che sostituisce le tradizionali categorie della patologia mentale. Una modalità ridondante di percezione e reazione dell’individuo nei confronti di determinati problemi infatti, non solo favorisce il permanere degli stessi, ma li complica ulteriormente, inducendo il soggetto alla sfiducia nella possibilità di un cambiamento della propria tormentata situazione. Inoltre, la maggior parte degli esseri umani ha serie difficoltà nel mutare i propri comportamenti, anche quando risulti con evidenza, nell’ambito del vivere quotidiano, che siano inefficaci ed inadeguati, se non addirittura dannosi. Come infatti direbbe Oscar Wilde: “È con le migliori intenzioni che il più delle volte si ottengono gli effetti peggiori”.

Le basi epistemologiche della Terapia Breve Strategica sono il costruttivismo radicale (E. von Glasersfeld, H. von Foerster), la teoria dei sistemi (E. von Bertalanffy), la pragmatica della comunicazione (P. Watzlawick, Beavin, Jackson), la logica strategica (J. Elster, N. Da Costa, G. Nardone) e la moderna teoria dei giochi (J. von Neumann). Tuttavia, alcune strategie utilizzate in Terapia Breve Strategica, anche se sembrano moderne, vantano una storia molto più antica. Le loro origini possono infatti essere rintracciate nell’arte persuasoria dei sofisti, nelle antiche pratiche del buddhismo zen e nell’arte cinese degli stratagemmi, così come nell’antica arte greca della métis.

In tempi più recenti, si deve a Paul Watzlawick e al Mental Research Istitute-MRI di Paolo Alto l’opera sistematica di ricerca dei principi teorici e dell’applicazione della comunicazione terapeutica, mentre con Giorgio Nardone si afferma la Terapia Breve Strategica che, in oltre vent’anni, ha prodotto efficaci ed eccellenti risultati all’interno di molti contesti e culture. La stretta collaborazione tra i due diede poi vita alla fondazione del Centro di Terapia Strategica di Arezzo, quale istituto di ricerca, training e Psicoterapia, per lo sviluppo e l’evoluzione del modello della Scuola di Palo Alto verso una tecnologia terapeutica più avanzata.

Nel 1990, con il primo libro di Giorgio Nardone e Paul Watzalawick, “L’arte del cambiamento”, diventato un best seller della Psicoterapia, nasce la moderna evoluzione della Psicoterapia Breve Strategica. In questo testo, vengono presentati per la prima volta i protocolli specifici di trattamento per i disturbi fobici e ossessivo-compulsivi, ovvero delle sequenze di tattiche e manovre che, applicate durante la terapia con queste problematiche, ne favoriscono la soluzione in breve tempo.

Per ulteriori approfondimenti relativi alla storia dell’Istituto e all’evoluzione del modello clinico del Centro di Terapia Strategica di Arezzo, puoi consultare il seguente link:
Storia del modello breve strategico.

COME FUNZIONA LA TERAPIA BREVE STRATEGICA

“La ricerca dei colpevoli, ammesso che si trovino, fuorvia la ricerca delle soluzioni”.
Giorgio Nardone

La Terapia Breve Strategica costituisce una prospettiva “rivoluzionaria” rispetto alle forme convenzionali di trattamento, poiché parte dal presupposto che, per cambiare una situazione problematica, non sia necessario indagare sulle cause che, in passato, l’hanno prodotta (aspetto sul quale peraltro non vi sarebbe alcuna possibilità di intervento), ma che sia molto più utile lavorare sull’attualità comportamentale del presente, alla ricerca degli strumenti più adatti per mutare la situazione di profondo disagio e trovare così una soluzione efficace e decisiva.

Si tratta pertanto di un intervento terapeutico breve e focale (circa dieci sedute), orientato da un lato, ad eliminare la sintomatologia che induce il paziente a ricorrere allo psicoterapeuta, ma anche, dall’altro, a rendere permanenti i risultati in funzione di un obbiettivo ancora più importante: quello di cambiare le proprie abitudini disfunzionali, ossia tutti quegli atteggiamenti mentali che vanno ad incidere negativamente sulla vita quotidiana e di relazione. La Terapia Breve Strategica non è quindi solo superficiale e sintomatica, ma si propone come una terapia radicale e duratura, adatta a chi soffre di disturbi di media o lunga durata particolarmente invalidanti.

Un terapeuta strategico non utilizza farmaci né definizioni del tipo “normalità” o “patologia” psichica, ma si interessa piuttosto di ciò che funziona o meno nel comportamento delle persone e di come esse si relazionino con la propria e le altrui realtà. Qualsiasi disturbo psicologico quindi, non viene considerato una malattia biologica da guarire, bensì un problema da risolvere, o meglio ancora, un “equilibrio disfunzionale da trasformare in funzionale”.

Di fronte a difficoltà personali, nel rapporto con gli altri o nel lavoro, la soluzione che a volte ci sembra giusta è quella di usare una “strategia” che si è rivelata utile, in un passato recente o remoto, in situazioni simili; a volte funziona, a volte invece le aspettative sono deluse ed è proprio allora che si pensa di non essere stati sufficientemente incisivi nello sforzo di raggiungere uno scopo risolutivo. Il “fare più di prima” tuttavia, generalmente, non solo non risolve le difficoltà originarie, ma le complica ulteriormente, traducendole in un vero e proprio problema strutturato: le “tentate soluzioni” nell’ambito di scelte o non scelte in relazione ai problemi, diventano così una vera e propria patologia.

La persona, attraverso un intervento di tipo strategico, viene guidata a correggere questi tentativi rigidi e fallimentari di gestire la realtà, acquisendo, nel corso del trattamento, una maggiore elasticità mentale e la capacità di fronteggiare i problemi sviluppando nei loro confronti un più ampio ventaglio di strategie risolutive. Per raggiungere questo obiettivo nella maniera più efficace e rapida possibile, le tecniche utilizzate dal terapeuta sono di tipo attivo e prescrittivo e devono produrre risultati già dalle prime sedute. Se ciò non avvenisse, egli è comunque in grado di modificarle e di trovare quelle più idonee ad accompagnare il paziente oltre la sua situazione problematica.

Se dunque le strategie si adattano sempre alla struttura del problema e alla sua persistenza, ciò che va costruito su misura per ciascun paziente, sono la relazione terapeutica e il linguaggio che vengono utilizzati in seduta. Pertanto, anche qualora un terapeuta strategico applichi un protocollo di trattamento specifico per una determinata patologia, modificherà comunque il suo intervento nei suoi aspetti comunicativi e relazionali, puntando così al rigore ma non alla rigidità. Per dirla con le parole di Gregory Bateson: “Il rigore da solo è la morte per asfissia ma la sola creatività è follia”.

TERAPIA BREVE STRATEGICA: I RISULTATI

La Terapia Breve Strategica di Giorgio Nardone è evidence based (Szapocznik et al., 2008) ed è riconosciuta come best practice per alcune importanti psicopatologie tra cui ad esempio, i disturbi fobico-ossessivi.

L’efficienza relativa alla completa risoluzione del problema psicologico presentato dal paziente si attesta su una media di 7 sedute. Se invece si considera l’azzeramento del disturbo invalidante, ovvero lo sblocco della sintomatologia, esso di solito si realizza entro le prime quattro sedute e questo rapido e positivo cambiamento produce un progressivo innalzamento dell’autostima nel paziente, il quale recupera così velocemente la fiducia nelle proprie risorse personali.

Se vuoi approfondire ulteriormente questi temi, puoi guardare quest’intervista fatta da Luca Mazzucchelli, in cui Giorgio Nardone ci racconta la storia della Terapia Breve Strategica, a partire dalla sua esperienza come giovane ricercatore di filosofia della scienza presso la scuola di Palo Alto.