Il disturbo ossessivo-compulsivo, ovvero la tirannia dell’assurdo

stDisturbo ossessivo-compulsivo

«La mente dell’uomo è talmente duttile e corruttibile che possiamo impazzire mediante la ragione».

(Georg Lichtenberg)

 

Tra le patologie più diffuse oggi vi è il disturbo ossessivo-compulsivo.

Studi statistici hanno infatti dimostrato come questo problema riguardi, in forma grave, oltre il 5% della popolazione, se poi a questa percentuale si aggiungono tutti quei pazienti che ne soffrono in forma lieve o media, la stima va almeno triplicata (Nardone, 2013).

La logica del disturbo ossessivo-compulsivo si fonda sul fatto che ciò che può essere sano e ragionevole diviene, attraverso una ripetizione esasperata, una vera e propria tirannia dell’assurdo, come se la persona si trovasse in qualche modo continuamente “costretta” ad effettuare alcune azioni, in maniera completamente indipendente dalla propria volontà.

Il controllo della realtà viene portato all’estremo e si trasforma in una compulsione irrefrenabile a mettere in atto rituali rassicuranti, per prevenire ciò che potrebbe accadere o per proteggersi dagli effetti di ciò che potrebbe essere accaduto.

Essere attenti e meticolosi nello svolgimento di un compito è sicuramente un pregio che rende rigorosi e affidabili, ma il dover ricontrollare più volte ciò che è stato già controllato diventa una patologia (Nardone, Portelli, 2013).

Un commercialista ad esempio, che convinto di aver commesso un errore, controlli ripetutamente i documenti e ripeta all’esasperazione i calcoli fino a bloccarsi, soffre sicuramente di una mania irragionevole che finisce per invalidare le sue capacità.

 

Quando si può parlare di disturbo ossessivo-compulsivo?

Il DSM-5, per classificare il disturbo ossessivo-compulsivo, indica alcuni criteri diagnostici:

  • la presenza di ossessioni, ovvero pensieri, impulsi o immagini ricorrenti e persistenti, vissuti come intrusivi e indesiderati, che causano ansia e che il soggetto tenta di ignorare, o di neutralizzare con altri pensieri o azioni
  • la presenza di conpulsioni, ovvero comportamenti ripetitivi o azioni mentali, che il soggetto si sente obbligato a mettere in atto in risposta a un’ossessione, o secondo regole che devono essere applicate rigidamente. Le compulsioni sono volte a ridurre l’ansia o a prevenire alcuni eventi temuti e non sono generalmente collegate in modo realistico con ciò che sono designate a neutralizzare, oppure sono chiaramente eccessive
  • le ossessioni e compulsioni fanno consumare tempo, o causano disagio clinicamente significativo, o compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo e in altre aree importanti
  • i sintomi ossessivo-compulsivi non sono attribuibili agli effetti fisiologici di una sostanza o a un’altra condizione medica
  • il disturbo non è meglio giustificato dai sintomi di un altro disturbo mentale.

Il DSM-5 poi, distingue i disturbi ossessivo-compulsivi in tre categorie:

  • con insight buono o sufficiente: l’individuo riconosce che le sue convinzioni sono decisamente o probabilmente non vere
  • con insight scarso: l’individuo pensa che le sue convinzioni siano probabilmente vere
  • con insight assente: le convinzioni dell’individuo sono deliranti ed egli è assolutamente sicuro che siano vere.

 

La trappola mentale del disturbo ossessivo-compulsivo

Ciò che caratterizza il disturbo ossessivo-compulsivo è principalmente la presenza di rituali di tipo preventivo, riparatorio o propiziatorio, che comportano spreco di tempo e finiscono per compromettere seriamente il funzionamento sociale e lavorativo della persona, quali ad esempio: lavarsi ripetutamente per pulirsi dallo sporco, igienizzarsi continuamente per evitare malattie, ordinare le cose, ripetere formule magiche, riti rassicuranti ecc.

Agli occhi degli altri, questi rituali appaiono spesso strani e non necessari, ma per la persona sono molto importanti e devono essere eseguiti in particolari modi, per evitare conseguenze negative e per impedire alla paura di prendere il sopravvento.

Quello che in seguito accade è che il paziente che soffre di disturbo ossessivo-compulsivo non si lamenti in particolare dell’ansia, quanto piuttosto di tutti quei riti che non riesce a smettere di eseguire e che pertanto diventano il vero problema, pregiudicando in misura crescente la sua vita e quella dei suoi famigliari.

 

Le principali tentate soluzioni del disturbo ossessivo-compulsivo

La ricerca-intervento del Centro di Terapia Strategica di Arezzo ha evidenziato, come per altre psicopatologie, alcune regolarità di tentativo disfunzionale di gestione del disagio specifiche per il disturbo ossessivo-compulsivo:

  • in modo simile a chi soffre di un disturbo fobico, i pazienti che soffrono di un disturbo ossessivo-compulsivo tendono ad evitare tutto ciò che li spaventa, confermando così la pericolosità della situazione evitata
  • la seconda tentata soluzione fallimentare ricorrente è la richiesta di rassicurazione e aiuto da parte delle persone più vicine che, anche se fa sentire la persona protetta, conferma la sua incapacità di gestire in autonomia certe situazioni
  • la terza e più caratterizzante tentata soluzione è poi la messa in atto di una sequenza ritualizzata di azioni al fine di combattere la paura, ma che al contrario ne alimentano progressivamente la gravità.

 

Dal disturbo ossessivo-compulsivo è possibile guarire in tempi brevi?

Quando il disturbo ossessivo-compulsivo per la persona diventa invalidante, si rende necessario ricorrere all’aiuto di uno specialista.

Questa patologia è sicuramente una delle più resistenti al cambiamento terapeutico, poiché se si cerca di trattarla attraverso approcci tradizionali, basati sulla ragione ordinaria, ci si scontra inevitabilmente con la sua irrazionalità. Per utilizzare le parole di Giorgio Nardone (2013): “la ragione si infrange sullo scoglio della tirannia dell’assurdo che domina la mente del paziente”.

Non esiste inoltre un trattamento farmacologico specifico per il disturbo ossessivo-compulsivo che, nella maggioranza dei casi, viene trattato con un mix di antidepressivi, ansiolitici e neurolettici.

Questo ambito clinico è stato, insieme agli attacchi di panico, il primo settore a cui vennero applicate le ricerche del Centro di Terapia Strategica di Arezzo, ed attualmente rappresenta la best practice in campo terapeutico.

Attraverso l’utilizzo di questo approccio, l’intervento può essere molto rapido ed è possibile giungere, in circa dieci sedute, alla completa risoluzione del disturbo.

Il terapeuta strategico non può convincere il paziente a eliminare le ossessioni o a smettere di eseguire certi rituali con una spiegazione razionale, al contrario, chiederà al soggetto di farlo “meglio”, suggerendo un modo più efficace di gestire i propri bisogni e raggiungere lo scopo dei rituali, ossia essere in grado di controllare la paura.

Nella maggioranza dei casi, ciò avviene ricorrendo a particolari controrituali terapeutici, quali ad esempio la famosa manovra “se fai uno, fai cinque”.

 

Se fai uno, fai cinque

Qualora la compulsione del paziente consista nel controllare un’azione più e più volte per essere sicuro che sia stata eseguita correttamente, gli verrà prescritto di eseguire il controllo un numero prestabilito di volte, ogni volta che sente il bisogno di farlo: “Da qui a quando ci rivedremo, ogni volta che metterà in atto uno dei suoi rituali, se lo fa una volta dovrà farlo cinque volte… né una volta di più, né una di meno… può non farlo…  ma se inizia a farlo dovrà ripeterlo per cinque volte… né una volta di meno, né una volta di più…”

Alla base di questa indicazione, vi è l’antico stratagemma “far salire il nemico in soffitta e togliere la scala”, per cui si asseconda la logica del sintomo rendendo possibile il fatto di rinunciarvi.

Il terapeuta assume il controllo dell’esecuzione del rituale e il paziente acquisisce, a sua volta, la capacità di controllare la sintomatologia anziché esserne controllato. Spesso infatti, arriva in seconda seduta dicendo che ripetere il rituale cinque volte era troppo noioso e di non aver avvertito il bisogno di metterlo in atto.

Talvolta bisogna aumentare il dosaggio, ma prima o poi si arriva all’interruzione, poiché risulta troppo stancante agire come prescritto.

 

I miei consigli di lettura riguardo al disturbo ossessivo-compulsivo

Ormai da diversi anni, il Centro di Terapia Strategica di Arezzo studia e tratta con successo molti casi di disturbo ossessivo-compulsivo.

All’interno del libro “Ossessioni compulsioni manie. Capirle e sconfiggerle in tempi brevi” (Milano, Ponte alle Grazie, 2013), Giorgio Nardone e Claudette Portelli, riportando numerosi casi clinici, spiegano come sia possibile, assecondando la logica apparentemente folle di questa tipologia di pazienti ed attraverso la prescrizione di controrituali specifici, arrivare in poche sedute ad una completa estinzione di un problema così pervasivo e invalidante.

La ricerca-intervento applicata a migliaia di casi ha infatti mostrato con chiarezza come l’89% dei pazienti affetti da questo disturbo possa guarire nell’arco di pochi mesi.

Gli autori individuano cinque tipologie fondamentali di motivazione che attivano azioni e pensieri compulsivi:

  • il dubbio che innesca il bisogno di risposte rassicuranti, come ad esempio quello di essere contagiati da una malattia attraverso il contatto con un agente esterno
  • la ritualità che deriva dall’eccesso di rigidità ideologica o nel rispetto di una moralità o nella credenza superstiziosa, ovvero temo di aver commesso un peccato, devo effettuare un rituale riparatorio per farmi perdonare
  • l’esasperazione di processi di ragionamento razionale sino a renderli del tutto irragionevoli, come ad esempio, prima di prendere una decisione, analizzare tutte le possibilità per la paura di sbagliare
  • una sana prevenzione condotta all’estremo fino alla maniacalità fobica
  • gli effetti di un’esperienza traumatica, per cui il soggetto sviluppa comportamenti “sedativi” per difendersi da ciò che il trauma ha prodotto.

All’interno di questo articolo, Giorgio Nardone descrive molto bene queste cinque tipologie fondamentali di motivazione, che si è giunti ad individuare nell’estesa ricerca-intervento condotta dall’autore e dai suoi collaboratori nell’arco di oltre venticinque anni e su oltre ventimila casi trattati.

Consiglio vivamente la lettura del testo di Giorgio Nardone e Claudette Portelli perché spiega molto bene come si costruisca e si mantenga nel tempo il disturbo ossessivo-compulsivo, ma anche, e soprattutto, come sia possibile far evadere la persona dalle sue trappole mentali mediante percorsi strategicamente pianificati.

In appendice, proprio al fine di un’esposizione esaustiva del metodo terapeutico, vengono riportate, a cura di Elisa Valteroni, le trascrizioni complete di due casi esemplari: il musicista irrigidito e il controllo della gravidanza inventata.

Se sei interessato ad approfondire ulteriormente i contenuti del libro e come avviene il trattamento del disturbo ossessivo-compulsivo attraverso la Terapia Breve Strategica, puoi anche guardare questa interessante intervista di Cristina di Loreto a Claudette Portelli, apparsa di recente sul gruppo Facebook “Libri di Giorgio Nardone”, oppure la recensione del testo, fatta sempre dalla collega Cristina di Loreto, a questo link.

 

Bibliografia

  • American Psychiatric Association (2014): “Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Quinta edizione. DSM-5”. Milano, Raffaello Cortina Editore.
  • Nardone, G. (2013): “Psicotrappole, ovvero le sofferenze che ci costruiamo da soli: imparare a riconoscerle e a combatterle”. Milano, Ponte alle Grazie.
  • Nardone, G. Portelli, C. (2013): “Ossessioni compulsioni manie. Capirle e sconfiggerle in tempi brevi”. Milano, Ponte alle Grazie.
  • Nardone, G. Portelli, C. (2015): “Cambiare per conoscere. L’evoluzione della terapia breve strategica”. Milano, TEA.