Binge Eating: il digiunare che fa ingrassare

Binge Eating: il digiunare che fa ingrassare

«Tra il senso di colpa e il piacere, vince sempre il piacere».

Friedrich Nietzsche

 

Il binge eating rappresenta l’ultima arrivata tra le patologie alimentari, ma è già diventata molto di moda, specialmente all’interno della popolazione più ricca e agiata, come top manager o personaggi del mondo dello spettacolo.

Questo disturbo si osserva infatti, prevalentemente, in persone molto autonome e indipendenti, spesso single di successo, affermate sia dal punto di vista sociale che lavorativo.

Di solito, questi pazienti chiedono un aiuto terapeutico quando qualcosa inizia a sfuggire al loro controllo, ossia quando le abbuffate si fanno più frequenti, quando iniziano ad isolarsi socialmente, o quando succede qualcosa di imprevisto nella loro vita che sconvolge totalmente il loro precedente equilibrio psicologico, come ad esempio un innamoramento o un insuccesso professionale.

Il problema si manifesta essenzialmente come un’alternanza tra prolungati digiuni e monumentali abbuffate.

Si verifica cioè, nelle persone che soffrono di binge eating, quello che Giorgio Nardone ha definito l’”effetto pitone” (2014), ovvero come questi serpenti che dopo aver divorato la loro preda si deformano, si bloccano e devono aspettare alcuni giorni prima di ricominciare a nutrirsi, anche il soggetto che si abbuffa a dismisura utilizza, come pratica compensativa, il ritardare il successivo rapporto con il cibo. Ma è proprio questo digiuno prolungato la tentata soluzione che alimenta il problema, poiché finirà per esaltare il desiderio di cibo, che porterà la persona a perdere il controllo e a mettere in atto la conseguente abbuffata.

Ciò che differenzia questo disturbo dall’apparentemente simile bulimia jo-jo è il fatto che, nel caso del binge eating, tra un’abbuffata e l’altra, si assiste a veri e propri digiuni, ossia la persona salta i pasti o si nutre pochissimo, mentre nel primo caso non si priverà totalmente del cibo, ma cercherà di rispettare una sana dieta.

Le abbuffate tipiche del binging poi, sono davvero enormi e ricordano quelle della sindrome da vomito, ma invece che terminare con la pratica espulsiva, sono seguite da prolungate fasi di astinenza dal cibo.

Queste persone sono soggette ad ampie oscillazioni del peso corporeo, anche nell’arco di pochi giorni.

Al binge eating inoltre, spesso si associa un’altra patologia psicologica molto comune ai giorni nostri: l’exercising, ovvero un’ossessione sfrenata per l’esercizio fisico, che non viene praticato per puro piacere o finalizzato al benessere personale, ma esclusivamente al fine di bruciare la quantità di calorie ingerite.

 

Criteri diagnostici e sintomi del binge eating

Secondo il DSM-5, la caratteristica principale del binge eating, anche conosciuto con il nome di Disturbo da Alimentazione Incontrollata, sono le ricorrenti abbuffate (almeno una volta alla settimana per un periodo di tre mesi), che si associano ad almeno tre dei seguenti sintomi:

  • mangiare molto più rapidamente del normale
  • mangiare fino a sentirsi spiacevolmente pieni
  • mangiare grandi quantità di cibo anche se non ci si sente fisicamente affamati
  • mangiare in solitudine poiché ci si vergogna di quanto cibo si stia assumendo
  • provare disgusto verso se stessi, depressione e senso di colpa dopo ogni episodio di abbuffata

Sempre secondo il DSM-5, gli episodi bulimici non si associano all’uso regolare di inappropriate condotte compensatorie, quali vomito, lassativi, digiuno o esercizio fisico eccessivo, e non avvengono esclusivamente nel corso di anoressia nervosa e bulimia nervosa.

 

La terapia in tempi brevi del binge eating

Nel caso del binge eating, il trattamento, dimostratosi efficace nell’88% dei casi, si basa sull’utilizzo di stratagemmi terapeutici, volti principalmente a interrompere il circolo vizioso delle tentate soluzioni che alimentano il problema.

Come ho detto in precedenza, la principale di esse è costituita dal digiuno che, se da una parte permette alla persona di mantenere “apparentemente” il controllo della situazione, dall’altra in realtà, conduce inesorabilmente alla perdita di controllo, preparando il terreno per l‘abbuffata successiva.

Nella prima fase dell’intervento, la manovra che viene utilizzata per sbloccare la sintomatologia, è la cosiddetta paura del digiuno: “Lei, come tutte le sue ‘colleghe’ di disturbo, pensa che per limitare le sue colossali abbuffate debba rigidamente controllare al ribasso, quasi fino al digiuno, ciò che si concede di mangiare… ma, in realtà, è questa cosa che produce l’abbuffata, il digiuno e le restrizioni che, se portati aventi all’estremo, incrementano il desiderio di ciò che ci limitiamo a mangiare fino a che tale impeto diviene inarrestabile e finiamo per strafogarci di ciò a cui abbiamo rinunciato… Ogni divieto incrementa il desiderio per ciò che ci viene impedito… Viene naturale pensare che sono le abbuffate che provocano il successivo e necessario digiuno… ma in realtà il meccanismo funziona al contrario… è il digiuno che costruisce l’abbuffata… si restringe, si digiuna e così aumenta il desiderio, che diviene sempre più pressante, dei cibi desiderati non concessi, sino a che si perde il controllo e si finisce per abbuffarsene solennemente… Se lei vuole ridurre le abbuffate e riprendere il controllo sul cibo, deve aver paura del digiunare e del restringere la sua alimentazione, poiché è questo che conduce inesorabilmente alla perdita di controllo e alle abbuffate… più restringe, più finisce per essere travolta dal desiderio frustrato… come del resto le sta accadendo… E’ il digiuno che crea l’abbuffata e non l’abbuffata a creare il digiuno”.

Attraverso questa tecnica, la paziente inizia a percepire il proprio problema in un’ottica differente, poiché si rende conto di come quella che egli riteneva una sua conquista, riuscire ad astenersi dal cibo, sia in realtà una minacciosa trappola, perché finisce per provocare in lei il desiderio di abbuffarsi.

A questo punto, è possibile proporre la dieta paradossale, come modalità per perdere peso e mantenerlo nel tempo, senza correre il rischio di ricadere in eccessi alimentari. Si chiederà pertanto alla persona di evitare di mangiare in maniera irregolare, ma di rispettare i tre pasti principali, colazione, pranzo e cena, facendoli diventare un appuntamento piacevole e rilassante in cui godersi i cibi preferiti.

La nuova ricerca scientifica pubblicata dall’APA (American Psychological Association) mette in luce come la psicoterapia breve strategica sia più efficace della psicoterapia cognitivo-comportamentale nel trattamento del binge eating.

Da poco è stato pubblicato dall’APA, sul Journal of Consulting and Clinical Psychology l’articolo “Brief Strategic Therapy and Cognitive Behavioral Therapy for Women with Binge Eating Disorder and Comorbid Obesity: A Randomized Clinical Trial One-Year Follow-Up” (puoi ulteriormente approfondire l’argomento a questo link). 

 

I miei consigli di lettura sul tema del Binge Eating

Se vuoi approfondire ulteriormente questo argomento, ti consiglio di leggere il mio articolo sulla bulimia nervosa, dove puoi trovare una breve recensione di due libri molto interessanti: La dieta paradossale. Sciogliere i blocchi psicologici che impediscono di dimagrire e mantenersi in forma (Milano, Ponte alle Grazie, 2007) e “Dieta o non dieta. Per un nuovo equilibrio tra cibo, piacere e salute” (Milano, Ponte alle Grazie, 2014).

 

BIBLIOGRAFIA

  • American Psychiatric Association (2014): “Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Quinta edizione. DSM-5”. Milano, Raffaello Cortina Editore.
  • Nardone, G. Milanese, R. Verbitz, T. (1999): “Le prigioni del cibo. Vomiting, anoressia, bulimia: la terapia in tempi brevi”. Milano, Ponte alle Grazie.
  • Nardone, G. (2003): “Al di là dell’amore e dell’odio per il cibo. Guarire rapidamente dalle patologie alimentari”. Milano, RCS Libri.
  • Nardone, G. (2007): “La dieta paradossale. Sciogliere i blocchi psicologici che impediscono di dimagrire e mantenersi in forma”. Milano, Ponte alle Grazie.
  • Nardone, G. Valteroni, E. (a cura di) (2014): “Dieta o non dieta. Per un nuovo equilibrio tra cibo, piacere e salute”. Milano, Ponte alle Grazie.
  • Nardone, G. (2013): “Psicotrappole. Ovvero le sofferenze che ci costruiamo da soli: imparare a riconoscerle e a combatterle”. Milano, Ponte alle Grazie
  • Nardone, G. (2020): “Ipnoterapia senza trance: parlare alla mente emotiva dell’altro”. Milano, Ponte alle Grazie.